Riassunto

Bollettino del 25 Settembre 2025
Il giorno 25 Settembre 2025 il Presidente del Rotary club Città Alta ha organizzato una serata InterClub in condivisione con il nostro Club ,con  il Rotary Club Bergamo Hospital 1 e il  Club Inner Wheel  ( mogli o figlie di Rotariani)con ospite relatore il Prof. Giuseppe Remuzzi che  dal 2018 riveste la carica di Direttore dell’Istituto Mario Negri, nonché nefrologo e ricercatore scientifico di fama internazionale e recente autore del libro “Dove comincia l’uomo”.La serata  ha preso il titolo del suddetto libro.    

Il giorno 25 Settembre 2025 il Presidente del Rotary club Città Alta ha organizzato una serata InterClub in condivisione con il nostro Club ,con  il Rotary Club Bergamo Hospital 1 e il  Club Inner Wheel  ( mogli o figlie di Rotariani)con ospite relatore il Prof. Giuseppe Remuzzi che  dal 2018 riveste la carica di Direttore dell’Istituto Mario Negri, nonché nefrologo e ricercatore scientifico di fama internazionale e recente autore del libro “Dove comincia l’uomo”.La serata  ha preso il titolo del suddetto libro.    


Di seguito riporto  l’articolo scritto egregiamente da Aldo Angeletti, socio del Club Rotary Città Alta 

Nell’insolita location del ristorante “Angolo con Vista” all’ultimo piano del ChorusLife (splendida vista di Città Alta al tramonto con tanto di spicchio di Luna) in un dialogo con il giornalista e divulgatore scientifico Giovanni Caprara, il professor Giuseppe Remuzzi ci guida in un viaggio attraverso milioni di anni di storia umana, dall’Africa di sei milioni di anni fa ai Sapiens moderni, intrecciando scoperte scientifiche, migrazioni, incroci genetici traNeanderthal e Denisovani, episodi di vita quotidiana dei nostri antenati e riflessioni sul futuro della nostra specie per comprendere come la sopravvivenza e l’evoluzione siano state possibili grazie al fondamentale contributo di linguaggio, cooperazione e altruismo.

Remuzzi porta esempi affascinanti: immaginate un ragazzo di circa 31.000 anni fa, in un villaggio del Borneo, tra foreste e fiumi, che perde una gamba a causa di un incidente o di una malattia. In un’epoca senza anestesia, senza strumenti chirurgici sterili, senza ospedali, sopravvivere a una simile ferita potrebbe sembrare impossibile. Eppure, qualcuno, un membro del gruppo, decide di prendersi cura di lui. Sa dove incidere la carne, come evitare i nervi e i vasi sanguigni principali, e quale pianta usare per alleviare il dolore. Sa anche come prevenire infezioni, pulire la ferita ogni giorno e sorvegliare la guarigione. Il ragazzo vive ancora ben nove anni dopo l’amputazione. Questo episodio, ricostruito grazie ad un ritrovamento, non è solo una prova di competenza medica: è una dimostrazione straordinaria di altruismo. Qualcuno mette la vita di un altro al centro, e questo gesto di cura e responsabilità diventa la chiave della sopravvivenza del gruppo.La stessa combinazione di altruismo e cooperazione emerge nella caccia ai grandi animali. Nei pressi di un lago vicino a Berlino, i Neanderthal riescono a cacciare settanta elefanti giganti, sufficienti a sfamare 350 persone per una settimana. Ogni dettaglio è pianificato: uomini che comunicano tra loro, distribuiscono ruoli, coordinano strategie e macellano con precisione ogni osso. È evidente che nessun animale avrebbe potuto fare lo stesso. Qui, cooperazione, linguaggio e organizzazione diventano strumenti evolutivi essenziali. Non si tratta solo di sopravvivere: è la capacità di condividere risorse, trasmettere conoscenze e pianificare il futuro che ha reso possibile la prosperità dei Sapiens.

Il  prof. Remuzzi, guidato dalle domande di Caprara, ci conduce poi nel mondo della genetica e della riproduzione sessuata. Le cellule, un tempo aploidi, hanno sviluppato un errore fortunato: due cellule si fondono, creando un genoma duplicato. Questa fusione ha inizialmente aumentato il rischio di mutazioni, ma ha anche permesso la combinazione di geni favorevoli e sfavorevoli, migliorando la capacità di adattamento. La riproduzione sessuata diventa un vantaggio evolutivo, una lezione che vale per tutti: dai protozoi, ai cervi fino agli umani. Parallelamente, la cultura e l’ambiente modulano l’espressione genetica attraverso l’epigenetica. Il cosiddetto DNA “non codificante”, considerato per decenni spazzatura, si è scoperto regolare l’attività del restante 2% di DNA codificante, influenzando salute, comportamento e capacità cognitive. Persino gesti come sorridere o baciarsi hanno radici profonde nella coesione sociale: comunicano informazioni,emozioni, rafforzano legami sociali e facilitano la sopravvivenza del gruppo, dimostrando che evoluzione biologica e culturale sono intimamente intrecciate.

Un tema centrale è la capacità dell’uomo di costruire nicchie, cioè modificare l’ambiente per renderlo più ospitale. Remuzzi paragona i Sapiens ai castori: entrambi costruiscono nicchie che modificano l’ambiente, migliorandolo per sé e per altre specie. Ma se i castori sono invisibili, l’uomo è una specie invasiva: il suo impatto globale è enorme, dal cambiamento climatico all’uso intensivo delle risorse. L’uomo è una specie straordinariamente invasiva, e questa consapevolezza diventa cruciale per immaginare un futuro sostenibile. La migrazione è vista come una spinta innata della specie, che ha permesso all’uomo di espandersi fuori dall’Africa e che continuerà magari anche oltre la Terra, man mano che la popolazione crescerà e le risorse diventerannolimitate. Curiosità, intelligenza e bisogno di esplorare sono tratti innati, che hanno guidato milioni di anni di espansione e sopravvivenza.Il Professore, stimolato dal nostro Presidente (Rotary Club Città Alta), esplora anche le neuroscienze e l’ingegneria genetica affrontandone anche le implicazioni etiche: oggi è possibile correggere malattie genetiche o potenziare capacità cognitive, come la memoria nei topi. Ma emergono dilemmi etici: è giusto modificare il genoma umano per aumentare capacità fisiche o mentali? Remuzzi sottolinea che la scienza fornisce strumenti, ma spetta alla società civile stabilirne l’uso. Viene sottolineata l’importanza di un approccio informato: conoscere medicina e genetica permette di affrontare l’etica con consapevolezza, evitando decisioni impulsive basate solo su paure o pregiudizi.

Non poteva mancare, in conclusione, un accenno a salute e longevità: gli esseri umani possono vivere fino a cento o centoventi anni, ma comunque gli organi si deteriorano e la vita eterna rimane un miraggio e, forse, non è necessariamente desiderabile. Ciò che conta, sottolinea, è vivere bene, prevenire malattie, curare il corpo e la mente, e usare la scienza come strumento per migliorare l’esistenza, senza perdere di vista l’etica e il senso di comunità.In questo intreccio di storia, scienza e riflessione etica, la serata si conclude con un genuino, scrosciante applauso dei presenti al Prof. Remuzzi, segno evidente del gradimento per il tema trattato in modo così affascinante dal nostro relatore.

È stata una bellissima serata in cui tutti siamo rimasti incantati da questa storia così affascinate che ci coinvolge tutti,perché siamo il prodotto dei nostri antenati.I soci del Club Dalmine C.,mi hanno espresso il loro apprezzamento per questo Inter club così ricco di notizie e per la possibilità di aver potuto rivedere e colloquiare con gli amici roariani di altri club.