Il 10 aprile la Comunità Don Lorenzo Milani di Sorisole ha ospitato la riunione interclub tra Rotary Club Sarnico e Valle Cavallina e i Rotary Club Dalmine Centenario, Romano di Lombardia, Bergamo Nord, Bergamo Ovest e Treviglio. A fare gli onori di casa Don Fausto Resmini, il quale ha accompagnato i partecipanti in una interessante visita del complesso, che attualmente annovera circa 160 ospiti, impegnati in attività artigianali nei laboratori attrezzati, oltreché ad accudire gli animali allevati in loco e curare le coltivazioni realizzate per l’uso interno. I visitatori hanno potuto così prendere diretta cognizione degli sforzi profusi per offrire a tanti giovani in difficoltà per i più svariati motivi un ambiente sereno e un punto di riferimento utile a consentire loro una prospettiva di inserimento sociale e lavorativo. La serata è quindi proseguita in forma conviviale con la possibilità di apprezzare le capacità organizzative e gastronomiche dei giovani ospiti, che con sincero entusiasmo hanno accolto i Rotariani. A conclusione della cena, Alberto Nacci, tra Rotary Club Sarnico, ha brevemente introdotto l’intervento di Don Fausto, ricordandone, ove necessario, l’ infaticabile opera svolta nei confronti delle persone meno fortunate e di quelle provenienti da situazioni personali difficili e di emarginazione. Don Fausto, più che una relazione, ha svolto un chiaro ed appassionato quadro del contesto nel quale da molti anni opera con i suoi collaboratori, sottolineando come gli ospiti della Comunità, malgrado i diffusi pregiudizi, osservino le regole illustrate al momento del loro inserimento, che consentono cordiali rapporti con la popolazione locale e anzi testimoniano come le iniziative poste in essere abbiano il merito di interpretare in maniera adeguata le necessità della realtà odierna, che la politica non riesce spesso ad affrontare in modo efficace. Diverso approccio deve essere tuttavia riconosciuto alle Autorità locali, con le quali la Comunità ha instaurato da tempo una assidua collaborazione, che ha permesso tra l’altro un accordo con il Comune di Bergamo, in forza del quale è stato possibile prestare utile assistenza a favore degli immigrati di età inferiore ai 15 anni, assai numerosi nei nuovi flussi e spesso privi di alcun sostegno da parte di genitori e parenti.

Per questi minori è stato pertanto organizzato un servizio di prima accoglienza della durata media di circa due settimane, necessario per reperire una idonea collocazione di carattere duraturo. Di conseguenza anche la Comunità ha dovuto adeguare la propria struttura, favorendo un contatto personale tra i nuovi ospiti e gli educatori, nell’ambito dello svolgimento di determinati lavori ed attività, utili a creare un clima di fiducia e di reciproco rispetto. Un servizio di particolare importanza ha poi assunto il reparto di degenza, destinato ad accogliere le persone con necessità di cure mediche assidue, senza dover ricorrere alla ospedalizzazione esterna, nel mentre non viene ostacolato il proposito di allontanarsi temporaneamente dalla Comunità, allo scopo di coltivare rapporti personali con conoscenti e con soggetti provenienti da medesime regioni ed etnie, anche in vista di un possibile inserimento nel tessuto sociale già esistente. Assume comunque particolare rilevanza l’attività svolta dagli ospiti nei laboratori artigianali, in quanto il bagaglio di nozioni pratiche acquisite si presenta in ogni caso utile anche per chi, non avendo assicurata la possibilità di permanenza in Italia, potrà portare in patria quanto appreso durante il tirocinio svolto, quale dote utile per le proprie attività lavorative. In aggiunta al lavoro manuale svolto, circa 40 ospiti frequentano con assiduità corsi scolastici presso Istituti di Bergamo, nel mentre altri usufruiscono della disponibilità offerta in loco da insegnanti in pensione, che si prestano a fornire utili elementi di alfabetizzazione o di conoscenza della lingua italiana. All’ esposizione di Don Resmini ha fatto seguito l’intervento della dottoressa Laura D’Urbino, Giudice del Tribunale dei Minorenni di Brescia, la quale, proseguendo sulle tematiche svolte in precedenza, ha sottolineato le difficoltà che le persone addette al Tribunale (giudici, collaboratori, medici, assistenti sociali) devono affrontare quotidianamente, per valutare in modo corretto e puntuale un gran numero di minori, le cui vicende approdano all’Ufficio preposto. Il Tribunale dei Minorenni svolge infatti in campo civile attività sostitutive di quelle genitoriali, spesso inesistenti o inadeguate per incapacità dei titolari delle stesse o per concreta assenza. In tale contesto, i problemi da affrontare e risolvere presentano molteplici aspetti, che spesso richiedono interventi immediati e decisioni estemporanee, al fine di contenere situazioni con maltrattamenti e devianze ai danni di minori. Altrettanto diversificata è l’attività che deve essere svolta in campo penale, dove sovente si deve rilevare come i minori commettano reati senza particolari motivazioni e necessità di carattere economico o personale, spinti per lo più dal proposito di distinguersi nell’ambito del gruppo di appartenenza. Casi particolari, pur frequenti, riguardano situazioni familiari a delinquenza diffusa, in cui i componenti maggiorenni utilizzano la presenza e la collaborazione di minori, allo scopo di commettere reati, confidando nella impunità conseguente all’età anagrafica di questi ultimi. Il consumo ormai diffuso di sostanze stupefacenti ha poi un duplice effetto negativo, incidendo sulla salute e sullo sviluppo fisico e psicologico del minore, nonchè sulle frequentazioni dello stesso. A tale contesto non sono assolutamente estranei i minori di sesso femminile, che ormai partecipano, a pieno titolo e spesso con comportamenti ed effetti trainanti, alle medesime attività dei coetanei. Tra i minori di ogni sesso si registra inoltre l’assunzione sempre più generalizzata di alcool, facilmente reperibile in ogni contesto, che contribuisce a rendere più frequente il verificarsi di episodi di violenza, a fronte dei quali spesso la società, la famiglia e la scuola si trovano impreparati ed impotenti, anche per la incapacità di proporre validi modelli comportamentali di contenuto positivo. A tali problematiche cercano di porre un pur parziale rimedio le attività svolte in varie comunità, che spesso si sostituiscono alle famiglie, inesistenti o impotenti, e tentano di avviare percorsi di rieducazione dei singoli, pur escludendo provvedimenti punitivi, per lo più di scarso successo pratico. I dati e le considerazioni dei relatori hanno fornito lo spunto a vari interventi dei presenti, che hanno sottolineato concordemente l’importanza dell’attività svolta e la necessità di sostenere le iniziative di chi si fa diretto carico delle situazioni esistenti. Al termine delle relazioni è stata formalizzata la donazione del Service Minima Opera della Provvidenza, il cui bonifico era stato effettuato nella mattinata, con la stretta di mano tra Don Resmini e i Presidenti dei Club presenti.

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